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Nonostante i versamenti fatti agli istituti di previdenza obbligatoria, il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo ha diminuito l’importo dell’assegno pensionistico mensile con notevoli ripercussioni sul mantenimento del tenore di vita al raggiungimento dell’età pensionabile.
Per questo motivo, dunque, risulta fondamentale fin da subito fare riferimento a delle forme di risparmio complementari, che fungano sia da integrazione alla pensione (per rendere quest’ultima il più dignitosa possibile), sia da protezione del proprio nucleo familiare.
Ma in che modo questo è possibile? Quanti piani di risparmio o fondi pensione esistono? Quale forma pensionistica scegliere?
Scopriamole tutte nel dettaglio al fine di poter compiere la scelta più adatta alle proprie esigenze.
Cosa sono le forme pensionistiche complementari?
Conosciute anche con il nome di pensioni integrative, le forme pensionistiche complementari sono dei piani di risparmio che il firmatario sottoscrive con una compagnia assicurativa, un istituto bancario o altri istituti di credito, al fine di garantirsi una rendita vitalizia aggiuntiva ad integrazione della pensione erogata dall’Inps o dalla Cassa di previdenza di appartenenza (ad esempio, la Cassa Forense nel caso degli avvocati; la CNPADC per i Dottori Commercialisti, ecc.), o per istituire un gruzzoletto sicuro e controllato da lasciare ai propri familiari (o ad altri beneficiari da lui individuati in sede di firma del contratto) in caso di sua dipartita.
In ambito assicurativo esistono tre tipi di forme di risparmio, ognuna diversa dall’altra in base all’obiettivo che si vuole perseguire: i fondi pensione, i PIP o Piani Individuali Pensionistici e le assicurazioni vita caso vita.
Cosa sono i Fondi Pensione: tipologie e funzionamento
Tra le forme di previdenza complementare più diffuse, i fondi pensione possono essere istituiti da tutti e tre i soggetti sopra elencati (banche, assicurazioni, istituti di credito) e rappresentano una fonte di garanzia per quanti vogliano assicurarsi un capitale aggiuntivo che vada ad integrare la pensione una volta raggiunta l’età prevista dalla legge italiana (che può variare tra dipendenti pubblici e privati, liberi professionisti e lavoratori autonomi).
Il motivo principale per cui viene aperto un fondo pensione, così come un PIP, solitamente, è quello del mantenimento del proprio tenore di vita che, raggiunto il pensionamento, è solito calare bruscamente a causa degli assegni previdenziali mensili molto ridotti rispetto all’ammontare dello stipendio del periodo lavorativo.
I fondi, che si distinguono in chiusi o aperti, possono essere sottoscritti in modo collettivo (è il caso dei primi, in cui i termini vengono stabiliti congiuntamente tra datore di lavoro e lavoratori della stessa azienda o di una stessa categoria) o singolarmente (i fondi pensioni aperti prevedono ambedue le possibilità), attraverso il versamento di una somma mensile che, al netto delle imposte o di eventuali commissioni e considerato il tasso di rendimento, va a costituire la pensione integrativa futura.
Cosa sono i Piani Individuali Pensionistici (PIP)?
Allo stesso modo, il capitale accumulato tramite i Piani Individuali Pensionistici ha anch’esso lo scopo di integrare la somma ricevuta tramite gli assegni pensionistici ma, a differenza dei fondi pensione chiusi, è possibile aderirvi solo su base individuale.
All’interno di un PIP, così come nelle altre tipologie di fondi, è possibile far confluire non solo i fondi pensione, ma anche il proprio TFR (il cosiddetto Trattamento di Fine Rapporto).
Sia per le polizze PIP che per gli altri tipi di pensioni integrative il riscatto del capitale non può essere fatto integralmente se la rendita ottenuta convertendo il 70% del capitale già maturato risulta superiore al 50% dell’assegno sociale INPS. Il riscatto anticipato può dunque essere fatto in parte, ma solo per spese sanitarie, di ristrutturazione o acquisto della prima casa, o destinate a supportare una condizione di non autosufficienza o disabilità permanente.
A cosa serve l’assicurazione vita caso vita
La terza forma pensionistica complementare è rappresentata dalle polizze vita caso vita, ossia dei contratti assicurativi che vengono sottoscritti mediante il versamento di un premio che può essere mensile, semestrale o annuale.
Questo tipo di piano di risparmio, a differenza dei fondi pensioni e dei pip, ha un duplice obiettivo: da un lato funge da protezione finanziaria ai propri familiari che, nel caso in cui si verificasse uno degli eventi per cui è stata sottoscritta (ad esempio la morte prematura dell’assicurato o un’improvvisa invalidità), ricevono un capitale; dall’altro contribuisce alla formazione di una somma che a scadenza può essere interamente riscossa o convertita in rendita .
Differenze tra Fondi pensione, PIP e Assicurazioni sulla vita
Come visto, dunque, tutte e tre le tipologie di previdenza complementare rispondono ad esigenze e piani futuri diversi. Se, da un lato, PIP e fondi pensione, alla luce della corresponsione di un contributo mensile di importo variabile (e scelto in sede di colloquio con il proprio consulente finanziario o assicurativo), vengono sottoscritti con l’obiettivo di aumentare le proprie entrate post-pensionistiche in modo da mantenere invariato il proprio stile di vita e far fronte senza pensieri agli impegni economici quotidiani, dall’altro l’assicurazione vita caso vita viene stipulata sulla base di esigenze specifiche che possono variare da individuo ad individuo e sulla sua disponibilità economica.
I vantaggi fiscali dei piani di risparmio pensionistici
Oltre a rappresentare una forma di investimento garantita, l’adesione a piani pensionistici e PIP e la stipulazione di polizze vita risultano ancora più convenientigrazie a quanto previsto dalla legge italiana che ne rende gli importi versati deducibili fiscalmente in fase di dichiarazione dei redditi.
Per ciò che riguarda le assicurazioni vita caso vita, dunque, l’importo massimo detraibile ammonta a 530 euro (con detrazione al 19% del premio versato) ma solo per:
- le assicurazioni contro gli infortuni e sulla vita sottoscritti o rinnovati entro la fine del mese di dicembre del 2000, a patto che presentino una durata superiore a 5 anni;
- i contratti per rischio morte o invalidità permanente superiore al 5%, stipulati a partire dal 2001 (e rinnovati entro la stessa data).
Il limite si alza a 750 euro per le assicurazioni vita con rischio morte per le persone identificate dalla legge 104 con disabilità grave, e a 1.291,14 euro che prevedono il rischio di non autosufficienza nello svolgimento degli atti di vita quotidiana.
Per PIP e fondi pensione, invece, vale il tetto di deducibilità a 5.164,57 euro con aliquota che parte dal 15% (per tutti i rendimenti maturati dopo il gennaio del 2007) fino ad arrivare al 9% (la tassazione diminuisce dello 0,30% annuo superati i 15 anni di permanenza del fondo).
Pubblicato il 15 Gennaio 2024